venerdì, Settembre 20

Rallentamenti veri e i disastri simulati. Ai mercati piace tutto

La settimana scorsa si è conclusa positivamente per i mercati azionari europei, che hanno superato una grossa sorpresa negativa pomeridiana, facendola diventare positiva con il gioco delle aspettative.

La prima stima (advanced) del PIL USA del secondo trimestre, che gli analisti attendevano ottimisticamente in decisa crescita al valore annualizzato di +2,6%, è uscita al moscio valore di +1,2%, cioè meno della metà del previsto. Non solo. E’ stato rivisto al ribasso da +1,1% a +0,8% anche il dato ufficiale del primo trimestre. Se la stima del secondo trimestre venisse confermata dalle successive revisioni che avremo in agosto, si tratterebbe di un primo semestre assai deludente per l’economia USA, con una crescita di un solo punto percentuale e l’impossibilità per quest’anno, di eguagliare, e forse persino di avvicinare, il tasso di crescita del 2,6% realizzato nel 2015.

La notizia è oggettivamente negativa e tale avrebbe dovuto essere presa dai mercati. In realtà quelli europei ne hanno risentito, poiché dopo una brillante mattinata, trascinata dal recupero dei bancari, che scontavano un impatto sostanzialmente innocuo degli stress test EBA, così come è poi stato confermato alle 22, il dato inaspettatamente debole dell’economia USA ha causato un arretramento sensibile degli indici, che hanno azzerato o ridimensionato i guadagni in attesa di capire come Wall Street avrebbe interpretato la situazione.

Ma qui, ancora una volta, ha prevalso la lettura della realtà alla luce delle aspettative monetarie.

Se l’America ammoscia la crescita, il rialzo dei tassi, che la FED stessa aveva adombrato solo qualche giorno prima, si allontana di nuovo.

I Treasury Note decennali sono scesi al tasso 1,45, l’euro è tornato abbondantemente sopra 1,11 sul dollaro e anche l’indice SP500 ha ritoccato di due punti il precedente record assoluto, dimostrando ancora una volta che l’andamento del mercato azionario non dipende dall’economia reale ma solo dall’andamento delle aspettative sui tassi di interesse.

Gli stress test, “brillantemente” superati da quasi tutte le banche europee (eccetto MPS, sui cui è stata stesa la rete di protezione del piano di salvataggio, approvato dalla BCE un attimo prima della bocciatura dei test) forniranno oggi probabilmente la motivazione per proseguire il rialzo speculativo.

In realtà questo esercizio idiota di simulazione del futuro, sembra uno strumento creato ad arte per la speculazione rialzista. Dapprima si paventano chissà quali sfracelli dalle severe condizioni imposte dalle simulazioni. In realtà alcune condizioni sono paradossali (ad esempio si simula contemporaneamente un calo del PIL del 7% in 3 anni ed un aumento dei tassi dell’1%: non ho mai visto i tassi salire quando crolla il PIL); altre irrealistiche (un default del 20% dei titoli di stato che produce soltanto pochi punti base di perdita di patrimonializzazione); altre ignorate (i derivati non quotati vengono completamente rimossi dall’analisi d’impatto perche non si riesce nemmeno a darne un valore oggi, figuriamoci in condizioni avverse). Tutto viene buttato nel frullatore dei modelli econometrici che non riescono nemmeno a stimare il PIL del prossimo trimestre e si ottiene l’andamento del mitico CET 1 delle varie banche a fine 2018 dopo che la bufera simulata sarà passata. A me fa ridere.

Eppure oggi i mercati si muoveranno sulla base di queste stupide convinzioni di riuscire a catturare il futuro con il computer, inserendo qualche variabile in un modello econometrico.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it