La performance che ieri Draghi ha offerto ai mercati ed agli osservatori non sarà certo ricordata come una delle migliori. Anzi, personalmente la catalogherei tra quelle da dimenticare al più presto.
Non solo ha deluso i mercati, presentando un clamoroso “nulla” alla loro attenzione, ma ha anche compiuto una giravolta che, ai miei occhi, deturpa ulteriormente la credibilità già non eccelsa del personaggio.
Dopo aver spaventato i mercati, un mese fa, sugli effetti devastanti per la crescita e per la stabilità finanziaria di un evento, la Brexit, che, una volta capitato, di effetti non ne ha prodotto alcuno, dopo aver consentito, durante le quattro settimane seguenti, che si divulgassero rumor su imminenti interventi allo studio per sostenere i mercati e l’economia europea, soffiando sul fuoco della speculazione rialzista da parte di mercati già ampiamente sopravvalutati, ieri ha tranquillamente affermato che la resistenza dei mercati alla Brexit è stata “incoraggiante” e pertanto la BCE non ha al momento allo studio alcun intervento specifico, e si limita a monitorare gli eventi in attesa di chiarirsi le idee sugli effetti che avrà la Brexit. Allora, mi chiedo, che fine hanno fatto le previsioni lugubri di un mese fa? Sono cadute nell’oblio della memoria corta dei giornalisti presenti. E perché la BCE ha consentito che si speculasse su chissà quali interventi allo studio senza smentire o almeno tappare la bocca dei suoi funzionari che alimentano i rumor?
Il Presidente di una delle due principali Banche Centrali del mondo che si lancia in previsioni ardite e poi si dimentica di averle fatte, alimenta voci speculative e poi non fa seguire i fatti, rappresenta forse l’immagine del nuovo modo di far politica monetaria. Ma a casa mia questo comportamento si chiama manipolazione dei mercati.
Non mi stupirei affatto, anzi lo troverei piuttosto logico, se questi ultimi, sentitisi presi in giro da promesse non mantenute, decidessero fin da oggi di passare all’incasso dei recenti guadagni e correggessero in modo significativo gli entusiasmi infondati di queste ultime settimane. Forse la correzione sarebbe già partita ieri, se non fosse che in Conferenza Stampa Draghi ha presentato un’altra scatola vuota, ma ben infiocchettata in confezione regalo, parlando del problema delle banche. Dopo aver ribadito che le sofferenze bancarie “non sono un rischio, ma una questione da affrontare” (sfumatura da abile oratore, che sfugge alla mia grossolana perspicacia), che le banche “stanno meglio, se non molto meglio rispetto al 2009”, ovviamente grazie alle misure prese dalla BCE (come poteva essere altrimenti), ha infilato una serie impressionante di ovvietà: occorre intervenire nell’ambito delle regole previste; queste “contengono già tutta la flessibilità necessaria per gestire le circostanze straordinarie”; l’intervento pubblico può essere utile, ma va attuato in accordo con la commissione UE. Sono tutte cose che si sapevano già, ma l’averle ribadite, ad un mercato bramoso di argomenti speculativi è parso un aiutino alle banche italiane e portoghesi ed un implicito appello alla Merkel perché sia di manica più larga.
Perciò queste affermazioni hanno spinto al rialzo le banche italiane ed europee, che hanno chiuso la seduta tutte in positivo ed hanno consentito al nostro Ftse-Mib di chiudere con un timido +0,25% e mantenersi all’interno della stretta congestione laterale che lo sta inglobando da 7 sedute.
Una congestione che rischia oggi di essere violata la ribasso, se l’effetto banche si attenuerà e prevarrà negli investitori la delusione per un appuntamento col Draghi che si presentava carico di belle speranze, ma che si è poi concluso in bianco.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it