giovedì, Novembre 21

Erdogan e Trump sotto i riflettori, ma i mercati aspettano Draghi

Come mi attendevo le borse mondiali non si sono affatto spaventate del fallito Golpe in Turchia e dei ripetuti episodi di follia terroristica e razziale che sconvolgono il mondo.

La seduta si è trascinata intorno alla parità in Europa ed in USA, in attesa che entri nel vivo la stagione delle trimestrali con i numeri delle big americane e che le Banche Centrali facciano vedere qualcosa di concreto, dopo aver tutte quante abbaiato alla luna della Brexit. Una Brexit che, peraltro, spaventa solo banchieri e politici, ma non più i mercati, dato che si protrarrà fino alle calende greche e verrà digerita gradualmente.

A dire il vero una Borsa che ha subito le conseguenze del colpo di Stato turco c’è, ed è proprio quella di Istanbul, che ha perso oltre il 7%. Gli investitori, se non prevedono a breve conseguenze sulla situazione geopolitica globale, una certa preoccupazione per l’economia turca la nutrono, dato che la brutale repressione che sta avvenendo in Turchia, con gli arresti già arrivati a superare quota 8.000, la probabile introduzione della pena di morte ed il conseguente abbandono delle speranze di entrare nell’Unione Europea, l’aggressività di Erdogan verso i suoi tradizionali alleati americani e la trasformazione in senso ancor più autoritario del regime, sono tutti fatti che aumenteranno l’isolamento politico ed economico della Turchia, con gravi ripercussioni sulla crescita economica futura.

La mia impressione che di colpi di stato in Turchia ce ne siano stati due. Uno fallito, ad opera di pochi sprovveduti generali, che non vedranno più la luce del sole. L’altro, riuscito, da parte di Erdogan, che sta approfittando del pretesto fornito dal colpo di stato farlocco per violentare la costituzione, ridurre i diritti civili e democratici, eliminare la laicità dello stato introdotta dalla costituzione di Ataturk e trasformare di fatto la repubblica parlamentare in una dittatura presidenziale populista.

A proposito di populisti, è partito ieri, in una Cleveland blindata da 25.000 poliziotti in assetto di guerra, il carrozzone delle primarie repubblicane, che incoroneranno il buffone Trump a candidato alle elezioni presidenziali di novembre. Una convention dove la polizia può sequestrare armi improprie, come bottiglie di vetro o palle da baseball, ma non può obiettare alcunché a chi gira armato con pistole e fucili veri. E’ uno dei tanti paradossi americani, che rendono quel paese, che dispone del più mastodontico apparato di polizia e del più attrezzato esercito al mondo, molto meno sicuro di altri per chi vi abita.

Al di là della pittoresca corte dei miracoli, tipica di quelle americanate mediatiche che sono le convention, di cui i pistoleri sono solo una delle componenti, mi ha fatto correre un brivido lungo la schiena sentire il possibile futuro Presidente dello stato più potente del mondo, lui che è un pluri-fallito ed è diventato famoso per i loschi traffici ed il tono spregiudicato da bulletto di periferia un po’ bevuto, affermare che “l’America ha bisogno di legalità ed io sono la legalità”. Auguri …

Mi sa che con l’avvicinarsi delle elezioni anche i mercati dovranno interessarsi di quel che bolle nel pentolone americano, dove le divisioni tra bianchi e neri, tra tolleranti e xenofobi, tra ricchi e poveri, saranno pesantemente alimentate da una campagna elettorale che si presenta carica di odio e aggressività.

La giornata dei mercati non ha portato molte novità alla nostra attenzione. Noto un certo affievolirsi delle attese speculative sui bancari europei ed italiani, sebbene Deutsche Bank abbia movimentato le attese comunicando un piano di spending review che prevede il licenziamento di 3000 dipendenti e la chiusura di ben 188 filiali in Germania (oltre un quarto del totale) entro il 2017.

Le banche italiane hanno rallentato molto la marcia di recupero e su alcune sono anche arrivate prese di beneficio. Le trattative tra governo italiano e Commissione UE per salvare le banche italiane in difficoltà stanno andando per le lunghe, dato che la Germania si oppone a soluzioni prima degli stress test. Manca ancora troppo tempo al 29 luglio e qualcuno alleggerisce le posizioni che magari stanno guadagnando oppure riducendo le perdite. La perdita di momentum rende possibili, a questo punto, anche storni più sensibili, se non verranno nuove soffiate positive ad alimentare gli acquisti.

L’inerzia positiva in Europa non si è ancora del tutto esaurita, ma si è fortemente ridimensionata e necessita di nuove spinte. Giovedì toccherà ancora una volta a Draghi fornirle, almeno con parole molto rassicuranti, ma sarebbe meglio anche con fatti concreti. Una riunione BCE senza novità

accomodanti, dopo le promesse fatto in seguito al referendum inglese, potrebbe deludere i mercati e causare bruschi arretramenti.

Ma fino a giovedì non dovrebbe succedere nulla di significativo.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it