sabato, Novembre 23

Terrorismo e golpismo, ma sui mercati menefreghismo

La scorsa settimana è stata densa di fatti che hanno sconvolto le giornate di chi si interessa di quel che gli succede intorno. Praticamente ogni giorno ha portato un carico d’angoscia che si è abbattuto sulle nostre vite attraverso i media tradizionali ed i social network.
Dallo scontro razziale in USA al terribile incidente ferroviario pugliese, dal folle attentato di Nizza fino al veloce Golpe turco del week-end, non sono mancate le emozioni forti.
Ma, come accade quasi sempre, i mercati finanziari sono rimasti quasi impassibili di fronte al moltiplicarsi delle tragedie, dimostrando ancora una volta che le Borse sono senz’anima e si preoccupano solo di quel che può guastare il business.
L’ultima di queste vicende, il fallito Golpe contro Erdogan, a dire il vero sarà scontato dai mercati occidentali solo oggi, poiché avvenuto quando era già iniziato il week-end, ma sia il fatto che il tentativo di rovesciare il sultano turco è fallito in poche ore, sia il comportamento impassibile che stamane si vede sui mercati asiatici aperti (manca Tokio, che allunga la festività), mi porta a pensare che le borse occidentali apriranno la settimana in modo tranquillo, dopo la cavalcata rialzista attuata in quella terminata venerdì.
Il maldestro tentativo di colpo di stato in Turchia, perpetrato in modo dilettantesco da un gruppo di generali (ora arrestati, secondo il Ministro della Giustizia turco, insieme ad altri 6.000 partecipanti e prossimamente altri 6.000) ha finito per rafforzare il potere di Erdogan e nel medio periodo potrebbe avere conseguenze di rilievo nello scacchiere geopolitico mediorientale. La tendenza autoritaria del regime, che si stava intensificando da mesi, sfrutterà ora il pretesto per accentuarsi ulteriormente, allontanando sempre di più la stabilità politica dalla democrazia. L’opposizione verrà repressa in modo sempre più brutale, utilizzando l’equazione oppositori = golpisti. L’autoritarismo del partito religioso al potere aumenterà le distanze tra Turchia ed Occidente, e, dopo che ha già deteriorato i rapporti con l’alleato americano, ritenuto in qualche misura complice dei golpisti, metterà sempre più in difficoltà gli sponsor europei del sultano (Merkel in primis). Avvicinerà la Turchia all’integralismo dell’Arabia Saudita e potrebbe intensificare le ambiguità verso l’ISIS, combattuto dai turchi finora più a parole che con i fatti, e spesso aiutato. Gli analisti politici più arditi si spingono perfino ad ipotizzare una giravolta di Erdogan per appoggiarsi a Putin e mandare al diavolo la NATO.
Sono tutti problemi che potrebbero creare guai futuri in quella parte del mondo ed indirettamente anche al nostro. Ma i mercati guardano alla stabilità politica come ad un bene a prescindere, condizione necessaria e sufficiente per il business, a cui tutto può essere sacrificato, persino la democrazia. Pertanto oggi le preoccupazioni verranno probabilmente sopite e potremmo anche assistere a qualche sorta di festeggiamento sui mercati azionari occidentali.
La settimana perciò dovrebbe aprirsi bene, sulla scia dell’inerzia rialzista che ha permesso di realizzare una bella candela settimanale positiva. Per il mercato europeo ha significato avvicinare la trendline che unisce i massimi discendenti di aprile, maggio e giugno, e quasi completare il recupero della profonda scivolata accusata dopo l’esito del referendum inglese. Il compito ancora da svolgere è trasferito ai primi giorni di questa settimana. Raggiunti gli obiettivi, dovrebbero rifare capolino i venditori.
Per il mercato USA, rappresentato dall’indice SP500, si è trattato della terza settimana rialzista consecutiva, che ha frantumato i massimi storici e consentito all’indice di portarsi, nella migliore posizione possibile, alla linea di partenza delle trimestrali societarie, che saranno un banco di prova non semplice da superare indenne.
I mercati confidano, come sempre, nell’aiutino delle banche centrali. Un aiutino che per ora tarda a manifestarsi, consentendo ai mercati di speculare sull’attesa. La banca centrale inglese ha già deluso le aspettative create, rinviando il taglio dei tassi promesso e provocando giovedì l’arresto della marcia trionfale dell’indice inglese ai massimi dell’anno.
Ora l’appetito speculativo si sposta sulla BCE, che tiene la sua riunione periodica proprio giovedì prossimo, e sulla FED, che terrà la sua martedì 27 luglio. Da Draghi si attende qualche altro provvedimento accomodante anti-Brexit, dopo le parole allarmate pronunciate a caldo, mentre da Yellen & c. si pretende che i tassi restino fermi ancora per qualche mese, per non disturbare l’uscita inglese. Dal Giappone infine si attendono misure sia governative che monetarie per risollevare un’economia sempre più cronicamente malata.
Se le trimestrali saranno non così brutte come gli analisti si attendono (mediamente è previsto un calo dei profitti intorno al 5% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, e sarebbe il quarto
trimestre consecutivo di calo degli utili USA), e se le banche centrali continueranno a coccolare i mercati con misure accomodanti, il rimbalzo avrebbe ancora spazio per proseguire un po’, anche se i fondamentali sono completamente fuori misura e la bolla speculativa è sempre più evidente.
Ma la mancanza di alternative, con i rendimenti obbligazionari a zero o ai minimi termini da molti mesi, sta spingendo gli investitori a turarsi il naso e tuffarsi sull’azionario per non perdere il treno.
Un treno che, magari, scopriremo sarebbe stato meglio non prendere.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it