L’improbabile e totalmente imprevista vittoria del Brexit è avvenuta. Neanche Wall Street, che ieri ha chiuso sui massimi di seduta, dopo che le borse europee avevano galoppato per tutta la giornata, era riuscita a capire che nelle urne si annidava il rancore inglese nei confronti di un’Europa vista non come una famiglia, ma come un condominio litigioso da cui traslocare al più presto.
Ai ricchi fondi Hedge non è servito commissionare exit poll privati per sondare in anticipo gli umori inglesi.
Né le agenzie di sondaggi, poco apprezzate dopo che lo scorso anno non avevano previsto la vittoria di Cameron e, questa volta, neanche i bookmaker, tradizionalmente molto precisi, hanno azzeccato il pronostico.
Evidentemente parecchi, che magari al telefono, nel timore di chissà quale ritorsione da parte del Governo, hanno dichiarato ai sondaggisti di scegliere quel che Cameron voleva, poi nel segreto dell’urna hanno fatto un gigantesco sberleffo ai burocrati inglesi e soprattutto a quelli europei, scegliendo di andarsene.
A questo punto tutto torna nelle mani dei politici che dovranno rispettare la volontà popolare ma anche cercare di minimizzare i danni reciproci per UE e Gran Bretagna di una separazione ostile.
Tutto ciò richiederà tempo ed è ora impossibile prevedere come avverrà la separazione. Non sappiamo nemmeno chi la gestirà, poiché Cameron ha subito una cocente sconfitta e la logica politica vorrebbe le sue dimissioni.
Quel che è molto più facile prevedere è che tutta l’emotività che i politici e la grande speculazione hanno fomentato, per spaventare gli elettori inglesi e creare volatilità sui mercati, ora si sfogherà al ribasso.
Già si vedono conseguenze di enorme portata sui mercati asiatici e su tutti i future che aprono prima delle borse ufficiali. Al momento si prefigura un venerdì nero come da molto tempo non si vedeva.
Il Nikkei giapponese ha già perso quasi l’8%. Le borse europee potrebbero in mattinata anche raggiungere perdite a doppia cifra. La sterlina è stata già violentemente scaricata, perdendo intorno al 10% rispetto a ieri nei confronti del dollaro. Anche l’euro sta uscendo rapidamente dai portafogli e col dollaro è già sceso fino ad un minimo di 1,09 rispetto a 1,14 toccato ieri. I capitali si rifugiano su tutto quel che ha la parvenza di bene rifugio, che nei giorni scorsi veniva venduto in previsione della vittoria del Remain: oro e metalli preziosi, yen giapponese, bund tedesco e T-Bond americano.
Il petrolio, che non gradisce la rivalutazione del dollaro, sta perdendo mentre scrivo anch’esso intorno al 5% rispetto ai prezzi di ieri.
Oggi è una giornata che ricorderanno tutti a lungo. Quelli che ieri si sono lasciati trascinare dall’entusiasmo fomentato dai sondaggi, che stasera conteranno le ampie perdite subite. Quelli che hanno deciso di prendere in larga parte profitto nei giorni scorsi, rinunciando alla puntata rialzista sulla roulette del referendum. Costoro ricorderanno lo scampato pericolo ed i benefici alle loro coronarie.
Quelli che hanno azzardato il “Big short”, la puntata controcorrente, che spesso fa perdere soldi, ma che qualche volta, come oggi succederà, dà l’impagabile soddisfazione di ridere quando gli altri piangono.
Ora non è il momento di analisi che vadano oltre l’emotività di oggi. Vedremo dove si fermeranno le bocce stasera e nel week-end si potrà forse ragionare sugli scenari futuri, sapendo che, sebbene politici e banche centrali si siano ieri detti pronti ad ogni evenienza, in realtà nessuno li sa prevedere.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it