venerdì, Novembre 22

Niente rialzo, la Fed scherzava

I mercati ieri hanno trascorso tutta la seduta europea vivacchiando senza troppo muoversi, bloccati dall’attesa del discorso di Janet Yellen, che avrebbe chiarito l’impatto che i brutti dati economici dei giorni scorsi hanno avuto sul sentiment della banca centrale USA.

Eurostoxx50 ha chiuso in modesto rimbalzo, recuperando quota 3.000, mentre la nostra Piazzaffari è stata ancora in balia del settore bancario. Ieri è partito l’aumento di capitale di B. Popolare, che ha visto un corposo recupero di valore del titolo e del diritto, oltre che della fidanzata Pop. Milano, mentre le altre banche hanno continuato a scendere un po’. L’indice ha comunque beneficiato dei significativi rialzi degli energetici, chiudendo in positivo a +0,74%.
Il discorso di Yellen è stato alle 18,30, troppo tardi per le borse europee, ma in tempo per favorire un piccolo spunto rialzista di quella americana, che con l’indice SP500 è riuscita a penetrare all’interno dell’area di resistenza 2.100-2.115, chiudendo la seduta a 2.109.
Il motivo del moderato sollievo del mercato dovuto al tono lievemente preoccupato che Yellen ha voluto trasmettere. Non ha negato che il pessimo dato sul mercato del lavoro arrivato venerdì scorso l’ha sorpresa e che ora occorrerà verificare se la riduzione marcata nella creazione di posti di lavoro è dovuta al raggiungimento della piena occupazione, nel qual caso dovremmo assistere anche all’accelerazione della crescita salariale, che permetterebbe di raggiungere il target dell’inflazione al 2%, oppure se l’economia USA sta accusando un nuovo passo falso ed è in vista un nuovo rallentamento, anticipato dal crollo delle nuove assunzioni da parte delle imprese USA.
Il suo ruolo istituzionale, il desiderio di normalizzazione e il deciso sbilanciamento delle ultime prese di posizione a favore della robustezza della crescita USA, la fanno essere ancora ottimista, ma il messaggio che le sue parole hanno trasmesso è stato certamente quello di non aver fretta ad alzare i tassi, attendendo nuove conferme prima di agire. Pertanto niente aumento dei tassi a giugno e riduzione drastica delle possibilità che si agisca a luglio. Potrebbe essere settembre la data giusta, ma occorre notare che in presenza di una campagna elettorale che sarà infuocata ed a poco più di un mese dalle elezioni USA, un intervento della FED a settembre potrebbe essere tacciato di ingerenza politica.
Torna perciò prepotentemente d’attualità il rinvio a fine anno delle mosse di restrizione monetaria.
Un rinvio che il dollaro aveva già anticipato venerdì, a caldo, crollando di circa il 2% rispetto all’euro e che ora staziona tra 1,13 e 1,14 nei confronti della moneta europea.
Sollievo per le quotazioni azionarie e per gli emergenti, che approfittano della stabilità dei tassi per respirare.
Sembra tornare di moda il tanto peggio, tanto meglio, guidato dalle aspettative sui tassi e anche le borse europee, dopo che in Asia già si è vista una reazione positiva, dovremmo assistere oggi a qualche recupero di posizioni, anche se la debolezza europea rispetto alle borse USA è assai evidente.
Non aspettiamoci grandi cose, perché l’avvicinarsi del referendum inglese rende tutto assai precario e difficilmente si potrà assistere a movimenti durevoli e di ampia portata.
Ma chi si accontenta del mordi e fuggi forse potrebbe puntare su un po’ di recupero europeo e dei paesi emergenti.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it