venerdì, Settembre 20

Fine mese senza il botto

Con la seduta di ieri è terminato il mese di maggio, senza quel botto finale che molti entusiasti si attendevano.
Per colpa di qualche dato macroeconomico contrastato, proveniente dagli USA, e per un sondaggio del Guardian che ha rivelato a sorpresa che nel Regno Unito i favorevoli al Brexit sarebbero in vantaggio, contrariamente a quello pubblicato dal Telegraph la scorsa settimana, il pomeriggio ha visto intensificarsi le prese di beneficio in Europa, decretando il fallimento del primo tentativo di attacco alle resistenze da parte di Eurostoxx50 ed anche del nostro FIB.
La seduta si è chiusa abbastanza pesantemente in Europa, con cali generalizzati, che sull’indice principale di Piazzaffari hanno superato ampiamente il punto percentuale (-1,42% per il Ftse-Mib) e decretato il nostro indice come il peggiore d’Europa.
Quando succede, è inevitabile che ci sia lo zampino delle banche. Infatti il settore è staro colpito da vendite che nel finale sono state piuttosto pesanti ed hanno causato la sospensione al ribasso di qualche titolo bancario. A far scappare gli investitori è l’esito che si sta preannunciando per l’aumento di capitale di Veneto Banca, destinato alla sua quotazione.
Tutto sta congiurando per una ripetizione tale e quale della disavventura occorsa alla Popolare di Vicenza, quando fu il Fondo Atlante a doverselo ingoiare per .
Anche per Veneto Banca le analogie sono molte, a cominciare dal prezzo di emissione dei nuovi titoli, che dovrebbe attestarsi al minimo della forchetta, anche questa volta a 0,10 euro per azione. Un valore che azzera i 5 miliardi di investimento fatto nel corso degli anni da parecchie migliaia di famiglie venete (ma, ci è stato raccontato, anche decine di parrocchie ed istituti religiosi), che hanno distrutto i propri risparmi fidandosi di una banca che collocava capitale di rischio a 40 euro per azione raccontando che si trattava del posto più sicuro dove mettere i propri soldi. Ora, di sicuro, è rimasta la perdita del 99% dei soldi investiti. E pensare che anche a questo irrisorio valore la banca veneta risulta valutata circa il doppio di Banca MPS e Banca Carige, per cui è ben difficile che qualcuno aderisca all’aumento di capitale, a meno di trovare qualche kamikaze veneto. Il risultato dovrebbe perciò essere che Atlante subentrerà per intero, bruciandosi un altro miliardo della sua dotazione. Dopo le due avventure venete il capitale di Atlante ancora disponibile si ridurrebbe così a 1,5 miliardi, poco più di un terzo della dotazione iniziale. Ci si chiede quanto potrà essere investito nella tanto attesa operazione di sistema per acquisire parte della montagna di sofferenze bancarie. Faccio intanto notare, a margine, che, nell’era dell’ottimismo renziano, per risolvere il problema, sui media principali il termine “sofferenze” viene sempre più sostituito da un acronimo, inglese e soprattutto meno angosciante: NPL, ovvero “non performing loan”.
Ma ai mercati non basta cambiare il nome alle sofferenze e, siccome è ancora molto fresco il ricordo di quel che è capitato al settore bancario durante il penoso salvataggio di Popolare Vicenza, la prospettiva di un bis con Veneto Banca ha convinto parecchi, che avevano guadagnato qualcosa col rimbalzo della scora settimana, a passare subito all’incasso, trascinandosi dietro uno stuolo di imitatori.
Wall Street ha fallito anch’essa il secondo tentativo di quest’anno di penetrare nell’area di resistenza compresa tra i 2.105 e 2.115 punti di SP500 (il primo lo abbiamo visto il 20 aprile scorso).
Va detto che sul finale di seduta le ampie prese di beneficio della prima parte sono state in parte riassorbite da uno spunto di recupero nell’ultima ora. Occorre perci aspettare il comportamento odierno prima di trarre conclusioni affrettate, ricordando che la solidità di Wall Street è maggiore di quella delle altre borse mondiali.
Pertanto oggi è bene osservare la battaglia in atto tra orsi e tori senza schierarsi. Verrà il momento in cui il mercato sceglierà.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it