Proprio quando sembrava che non ci fosse più nulla da fare, anche perché dagli USA è arrivato un brutto dato sull’occupazione, con la creazione di posti di lavoro minore delle attese ed ai minimi dal settembre scorso, i mercati azionari americani si sono aggrappati ai supporti e sono riusciti a rimbalzare da quel livello che avevo indicato come decisivo per il movimento di breve periodo. L’indice USA SP500 ha infatti toccato il supporto di 2.040 punti pochi minuti prima delle 17, dopo un inizio di seduta debole ed incerto, trascinato al ribasso dalle perplessità sulla crescita americana, che sembra sempre meno convinta e che anche nella creazione di lavoro, come negli utili delle imprese, sta mostrando la corda.
Il dato arrivato alle 14,30 è bruttino (160.000 posti di lavoro creati ad aprile, contro i circa 200.000 attesi, minor slancio occupazionale dal settembre scorso) è certamente in grado di stoppare le residue velleità dei falchi della FED, che non avranno sicuramente gli argomenti per imporre alle colombe il rialzo dei tassi nella riunione del FOMC di giugno, e forse, perso quel treno, difficilmente la Fed avrà il coraggio di stringere la politica monetaria in piena campagna elettorale, per evitare di disarcionare la Clinton. Le prospettive di ritorno alla normalità monetaria subiscono l’ennesimo arresto e fino a fine anno non si dovrebbe più sentir parlare di rialzo dei tassi, a meno che non arrivino sorprendenti segni di vigore economico, che nessuno al momento se la sente più di prevedere, dopo che negli ultimi anni tutte le previsioni esuberanti di crescita sono state invariabilmente frustrate dalla prova dei numeri consuntivi, che impongono costantemente penose revisioni al ribasso.
Ma il dato occupazionale non è stato così devastante da imporre immediati timori di recessione, che per concretizzarsi necessiteranno di ulteriori e più significative prove di debolezza.
Ed allora, quando SP500 ha raggiunto il valore di 2.040, ecco che, magicamente, si sono riaffacciati i compratori ed è tornata ad imporsi la teoria del “tanto peggio, tanto meglio”. Gli investitori hanno ricordato che la stabilità dei tassi consente di continuare a finanziare la speculazione a basso prezzo, che le imprese potranno continuare ad imbellettare i bilanci con le manovre di buy back, che diminuiscono il flottante ed aumentano l’utile per azione anche quando il profitto scende in valore assoluto, che la bassa crescita impedirà al dollaro di rivalutarsi troppo. Insomma è tornata di moda la visione rovesciata della realtà, che spinge le borse a salire quando l’economia si indebolisce (purché non crolli), perché sono sempre i tassi ad orientare le scelte degli investitori.
Da quel momento l’indice ha cominciato a recuperare, trascinando anche i mercati europei a chiudere la seduta assai meglio di quanto avessero mostrato per gran parte della giornata. La salita è continuata per il resto della seduta ed a fine giornata la chiusura si è attestata in positivo e sui massimi di seduta.
Il che consente di leggere sui grafici che il supporto ha tenuto e stimolato un rimbalzo.
Il pericolo di avvitamento, per il momento, dovrebbe essere scampato e la nuova settimana dovrebbe iniziare col piede giusto anche in Europa, dove le banche sono chiamate a smentire almeno in parte la brutta impressione fornita nelle ultime sedute.
Non è certo tornato il sereno, anche perché qualche indicazione negativa giunge dall’ Asia, dove l’indice giapponese Nikkei recupera qualcosa, ma senza troppa convinzione, e dove soprattutto sembra tornato il vento ribassista in Cina, a causa di un pessimo dato sulla bilancia commerciale diramato ieri, che ha mostrato ad aprile un nuovo rallentamento sia delle importazioni che delle esportazioni, dopo che a marzo si era visto qualche miglioramento.
Dato che però le borse europee guardano soprattutto ad ovest, oggi si dovrebbe sfruttare la spinta all’ottimismo che viene da Wall Street e la negatività che ha colpito per tutta la settimana scorsa i mercati azionari occidentali potrebbe lasciar spazio ad un tentativo di rimbalzo, specie se il prezzo del petrolio riuscirà a tenersi aggrappato ai massimi.
Insomma, non venderei ancora la pelle del …toro, anche perché il Vix venerdì è riuscito a mantenersi tranquillo sotto quota 15, e, senza l’aumento di questo indice della paura oltre i 17 punti, grosse scivolate non sono all’ordine del giorno.
Pierluigi Gerbino