domenica, Novembre 24

La FBI ordina l’evacuazione finanziaria

Siccome l’economia reale non è riuscita a convincere i mercati a scendere, ci ha pensato la politica.
Dopo la strana decisione della FBI americana di rimettere sotto inchiesta Hillary Clinton per il reato di divulgazione di segreti di stato mediante l’uso un po’ allegro delle sua casella mail, la campagna elettorale è tornata decisamente in bilico. Anche perché FBI sembra diventata la principale supporter di Trump. Ora sono spuntate anche indagini sul marito di Hillary, Bill, ex Presidente degli USA, che poche ore prima di andarsene, alla fine del suo mandato, avrebbe concesso una strana grazia ad un faccendiere amico suo, fuggito all’estero per evasione fiscale. Trump, galvanizzato dall’aiuto giudiziario insperato, arrivatogli dall’agenzia investigativa che in precedenza aveva tanto criticato, ha rimesso l’armatura ed imbracciato il fucile della retorica, riuscendo a rimontare parecchie posizioni. Ieri sono anche spuntati i primi sondaggi che lo rimettono addirittura in vantaggio nella corsa alla Casa Bianca. A soli 6 giorni dall’appuntamento elettorale la questione si fa piuttosto difficile per la candidata democratica beniamina dei mercati finanziari. Nulla è perduto, però il vantaggio accumulato in settembre ed ottobre pare ormai evaporato, e non solo per i colpi basso dell’FBI.
Era infatti già qualche giorno che si respirava aria di rimonta da parte del maleducato populista dai capelli arancione. Gli stessi mercati sembrano pronosticare una sua vittoria. Infatti esiste una statistica piuttosto efficace che mette il relazione l’andamento delle borse nel trimestre agosto-ottobre dell’anno elettorale e candidato vincitore. Ebbene, quando la borsa nel trimestre pre-elettorale cresce, generalmente vince il candidato del partito al potere. Viceversa, quando la borsa scende, vince quasi sempre lo sfidante. Nel dopoguerra in ben 7 volte, sulle 8 in cui la borsa è scesa, le elezioni sono state vinte dallo sfidante.
Ebbene, anche questa volta il trimestre pre-elettorale si è chiuso in negativo per l’indice SP500 (-2,2%). Pertanto la borsa attribuisce a Trump assai più probabilità di vittoria rispetto a quel che dicono i sondaggi. I quali, comunque, segnalano anch’essi la rimonta del magnate, ormai quasi appaiato alla Clinton.
Non c’è da stupirsi quindi che ieri si siano viste forti vendite dapprima sui mercati obbligazionari e poi anche sull’azionario. L’indice USA più rappresentativo, SP500, ha preso la via del ribasso quasi subito ed ha infranto il forte supporto di 2.120 punti, che in precedenza per ben 5 volte da settembre in poi aveva retto alle vendite. Questa volta ha ceduto sotto il peso delle paure elettorali e rapidamente l’indice è sceso fino a 2.098, per poi rimbalzare un pochino nelle ultime due ore e chiudere a 2.111.
Lo spavento ha colpito anche gli indici europei, tutti in ribasso, con i principali a perdere più di un punto percentuale (Ftse-Mib -1,32%). Rimanendo al nostro piccolo orticello italiano, non possiamo certo dire che il terremoto, che colpisce a ripetizione i nostri Appennini, stia favorendo sussulti di solidarietà finanziaria da parte dei mercati. Anzi. Proprio l’aumento dei rendimenti ha favorito anche l’allargamento dello spread BTP-Bund, che ieri è risalito a quota 150, su valori che si erano visti ultimamente solo nei giorni della Brexit. Anche questo non aiuta Renzi, già alle prese con la grana del Referendum, che i sondaggi continuano a ritenere appannaggio del NO. Dicono i gossip politici che in ambienti governativi si stia cercando disperatamente qualche cavillo giuridico per rimandarlo alla primavera. Potrebbe bastare la sentenza del Tribunale Civile di Milano, se venisse accolto il ricorso di Fabrizio Onida e venisse inviato il quesito alla Corte Costituzionale. Lo sapremo probabilmente in settimana.
Tornando ai mercati azionari, è evidente che la rottura del supporto da parte di SP500 è indicativa di un forte deterioramento del sentiment, confermato anche dall’impennata dell’indice Vix, che ha rivisto quota 20 e dalla ripresa di vigore degli strumenti tipicamente difensivi, come l’oro e l’argento, il cui prezzo ieri si è rianimato dopo un periodo di forte appannamento.
Urge pertanto una immediata prova di forza che riesca a negare subito il segnale ribassista.
In mancanza potremmo assistere a nuove accelerazioni negative con obiettivo l’area 2.030.
Ovviamente non è ipotizzabile un’Europa al rialzo in un contesto americano ribassista. Pertanto se lo scenario orso dovesse prevalere, anche i segnali di vivacità pervenuti in ottobre dall’Europa verrebbero negati ed i primi supporti tornerebbero ad essere testati. Parlo di area 2.950 per Eurostoxx50 e di 16.200 per il nostro Ftse-Mib.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it