giovedì, Novembre 21

Il fantasma di Trump e quello di Lehman

L’allegro rialzo che le Borse hanno messo a segno a caldo, mercoledì e giovedì scorsi, dopo le performances delle banche centrali, ha lasciato spazio ad una riflessione più attenta, ed allora le borse sono praticamente tornate ieri al punto di partenza.

Così è stato per il principale indice azionario USA, SP500, che ha chiuso la seduta a 2.146 punti, più o meno il livello da cui è partita la breve riscossa, mercoledì 21 settembre, prima dell’annuncio della FED.

Il clima pare rapidamente cambiato ed il pallino sembra tornato nelle mani dei venditori, che hanno tolto un po’ di soldi dal banco prima di assistere, seduti in poltrona con birra e pop-corn, al derby politico Hillary-Donald. Il primo faccia a faccia elettorale televisivo, a cui i due contendenti per la Presidenza della maggiore potenza economica e politica del mondo sono giunti appaiati nei sondaggi, ha così cominciato a far sentire il suo peso prima di iniziare, gravando sull’umore di investitori assai disorientati dalla messa in discussione dei valori tipicamente americani di apertura e tolleranza, e dalle ricette economiche dei due contendenti. Hillary Clinton rappresenta la continuazione rassicurante di uno status quo che ha marginalizzato grosse fette di classe media. Donald Trump personifica il tutto per tutto, l’azzardo grossolano da giocatore di poker che punta sul cambiamento a qualunque costo, sull’ambigua promessa di chiusura economica nel protezionismo ed abbassamento di tasse, isolamento politico e abbandono delle tradizionali alleanze con l’Europa, fino alla temeraria intenzione di stringere amicizia col nemico Putin.

I mercati, che rifuggono dalle avventure politiche, al punto che la stabilità politica è sempre carburante per il rialzo, votano Hillary. Vedere un Trump che sembrava riuscito ad annullare le distanze, con l’avvicinarsi del voto, mette un po’ d’ansia a molti investitori. Per questo credo che una parte della debolezza dei listini USA ieri si a dovuta alla presa di coscienza che il voto si avvicina e il pericolo Trump sembra crescere.

Le cronache del dibattito televisivo, svoltosi a mercati chiusi, ci parlano però di una chiara vittoria di Hillary, che ha mantenuto sempre i nervi molto saldi, ha dato prova di grande preparazione ed affidabilità. Ha messo più volte in difficoltà uno scomposto ed irascibile Trump, evidenziandone tutte le approssimazioni e portandolo persino ad ammettere che forse in passato le tasse non le ha proprio sempre pagate.

Gli americani, magari non tutti, ma certamente la maggioranza di loro, sono molto sensibili alle menzogne. Che volete farci? Ognuno ha i suoi difetti. Non hanno il pregio di noi italiani, che rincorriamo i sogni ed esaltiamo sempre chi la spara più grossa senza mai andare a verificare se quel che dice è vero.

Loro invece detestano i bugiardi. Alcuni presidenti e diversi politici sono naufragati per aver mentito al popolo. E, siccome affidano al Presidente la loro vita per 4 anni, vogliono un presidente credibile.

Pertanto penso che senza dubbio il dibattito di ieri dovrebbe aver raddrizzato le sorti di Hillary e le dovrebbe permettere di proseguire con qualche punto di vantaggio la campagna. Tuttavia la strada è ancora lunga e possibilità di inciampo per Hillary non mancheranno, mentre la fantasia di Trump non può essersi prosciugata di colpo. Per cui arriveranno altre occasioni di rivincita per il rozzo miliardario. Ma intanto Hillary ha respinto il primo assalto.

Per questo credo che oggi ci possano essere le condizioni per un rimbalzo del mercato americani.

I listini europei sembrano invece assai poco interessati alle vicende americane, ma affaccendati in problemi bancari di tutto rispetto.

Il crollo di Deutsche Bank (-7,5%) ha trascinato tutto il settore in negativo e, con esso, anche i listini europei, di cui, per una volta, il Dax tedesco è stato il peggiore. Su questa banca si è abbattuto la scorsa settimana il verdetto della SEC americana, che la condanna a pagare 14 miliardi di dollari di multa per operazioni truffaldine fatte sui mutui subprime, nel lontano 2008. Se pensiamo che l’attuale capitalizzazione di borsa di Deutsche Bank è oggi circa 18 miliardi, ci rendiamo ben conto della batosta subita. Il fantasma della grande crisi che costò la pelle a Lehman, torna ad assalire dopo 7 anni un altro protagonista, questa volta europeo, che già da parecchi mesi si dibatte con il problema dell’elevata esposizione ai derivati, gran parte dei quali così tossici che non esiste nemmeno il modo di calcolarne il valore residuo. Questa banca da inizio anno ha già perso il 53% del suo valore, a testimonianza che il mercato l’ha già messa nel mirino da tempo. Ma il motivo della scivolata ulteriore, per di più a scoppio ritardato, siccome si sa da giorni della multa che dovrà pagare, dopo tutti i ricorsi e le trattative del caso, che ne ridurranno sicuramente la portata.

Ieri il mercato ha preso atto che la Merkel, dopo aver sempre detto no alle richieste italiane di salvataggio di stato per Monte Paschi, ha dovuto essere coerente ed ha escluso l’impiego di soldi pubblici anche per la banca tedesca. Questo forse inatteso disimpegno statale costerà un fortissimo aumento di capitale e la necessità di ricerca di soluzioni assai meno facili. Scoprire che la grande Deutsche Bank si trova in ambasce simili a quelle del piccolo italico Monte dei Paschi è stato uno shock troppo forte per i nervi di molti investitori, che hanno ceduto di schianto.

Ora, sia il Dax che l’indice europeo globale Eurostoxx50, pur rimangiatisi buona parte dei guadagni della scorsa settimana, non sono ancora arrivati a lambire i supporti. Questi sono a 2.930 per europspxx50 e 10.260 per il tedesco Dax. La rottura di questi due livelli avrebbe implicazioni ribassiste di rilievo. Eurostoxx50 completerebbe un testa e spalle ribassista con obiettivo l’area 2.750, mentre l’obiettivo ribassista del Dax arriverebbe almeno a 9.800.

Il nostro Ftse-Mib è tornato a battagliare con l’area 16.000 e per il momento è riuscito a tenerla. Uno sfondamento di questa diga proietta altri 1.000 punti di ribasso, al test del minimo dei giorni della Brexit.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it