Il tranquillo traghettamento dei mercati verso l’appuntamento di giovedì prossimo con Draghi e la BCE ha avuto ieri un sussulto piuttosto significativo quando è stata annunciata la decisione della Corte europea di Giustizia su un ricorso presentato nel 2013 dalla Slovenia sulla legittimità del comportamento della Commissione europea, che ha imposto perdite ad azioniste ed obbligazionisti in occasione di un intervento di salvataggio pubblico di 5 banche slovene.
—
La Corte ha dato pienamente ragione alla Commissione e ribadito un principio che a Renzi ed al governo italiano, che sta elemosinando eccezioni al Bail-in per poter intervenire sulle banche italiane in crisi con soldi pubblici senza che i risparmiatori vengano penalizzati, mette oggettivamente un bel po’ di bastoni fra le ruote.
La Corte ha ribadito la validità della normativa sul bail-in come principio generale in caso di fallimento ed anche in caso di salvataggio con soldi pubblici.
Questa seconda fattispecie è definita tra gli esperti con un termine ignoto ai più, ma che in queste settimane ha fatto capolino anche sui giornali: Burden Sharing. La traduzione letterale è “compartecipazione agli oneri”. Significa che quando una banca non fallisce, ma viene salvata da un intervento dello stato, questo aiuto non può essere erogato se prima non vengono chiamati azionisti ed obbligazionisti a contribuire. Solo dopo aver tosato i risparmiatori che avevano dato fiducia alla banca in crisi lo stato può intervenire usando i soldi di tutti i contribuenti.
La Corte ha però anche confermato la possibilità sospendere il Burden Sharing, ma solo in due casi specificamente previsti dai trattati: se esso avesse un impatto sproporzionato oppure se ci si trovasse in condizioni di gravi rischi di instabilità finanziaria sistemica.
L’effetto politico di tale decisione è stato immediatamente quello di una grandine di dichiarazioni da parte di politici europei della squadra dei falchi, che si sono affrettati a mettere lo stop a qualsiasi intenzione benevola nei confronti del governo italiano ed hanno costretto la Commissaria Europea alla Concorrenza Vestager a dichiarare che la trattativa con l’Italia resterà strettamente nei confini previsti dalle attuali norme e che al momento non vede alcun rischio di instabilità finanziaria sistemica.
Di primo acchito è sembrata la pietra tombale su tutto il certosino lavoro diplomatico del grande elemosiniere Padoan. Infatti le banche italiane quotate sono immediatamente sprofondate, con sospensioni per eccesso di ribasso e la ripetizione del medesimo film visto in febbraio e a fine giugno. L’indice Ftse-Mib è arrivato a perdere anche -2% ed anche le altre borse europee sono piombate in profondo rosso.
Poi però, nel pomeriggio, complice anche Wall Street, che dimostra molto aplomb e si mantiene assai stabile in questi giorni, grazie anche alle prime trimestrali che, nella maggior parte dei casi, stanno sorprendendo positivamente, si è imposta una lettura più attenta delle dichiarazioni di Vestager.
Se è vero che la Commissaria UE ha chiuso la porta all’utilizzo della clausola del rischio sistemico, nulla ha affermato sull’altra possibilità di eccepire alle ferree regole del Burden Sharing, cioè il caso di “impatto sproporzionato”. A ben riflettere il concetto di “sproporzione” è molto blando, interpretabile e, in ultima analisi, flessibile alla trattativa politica. Possiamo dubitare che la retorica renziana sappia convincere la Commissione UE sulla sproporzione dell’impatto che avrebbe l’applicazione precisa delle regole? Per Renzi sarà un gioco da ragazzi sostenere che l’intervento sugli obbligazionisti piccoli risparmiatori è eccessivamente penalizzante per un paese già oberato da 7 anni di recessione e con un indice di povertà in continuo aumento. Potrà raccontare del finimondo che gli è capitato addosso alla fine dello scorso anno, quando ha fatto fallire le 4 banche toscanePertanto alla fine, cioè dopo gli stress test di fine luglio, la clausola della impatto sproporzionato potrà essere utilizzata per un compromesso accettabile a tutti: applicare il Burden Sharing solo agli istituzionali e non ai risparmiatori persone fisiche, salvando così la lettera delle regole comunitarie ed il governo Renzi da una figuraccia politica anche peggiore di quella fatta con i fallimenti delle Boschi Bank toscane.
Man mano che questa convinzione si è diffusa, le banche italiane, e con esse anche l’indice Ftse-Mib, hanno cominciato a recuperare e la seduta si è chiusa non lontano dalla parità, annullando quasi del tutto lo spavento mattutino. Oggi il recupero dovrebbe continuare se il mercato darà credito ad una soffiata apparsa sul Corriere della Sera di stamane, secondo cui l’EBA, l’orgsnismo incaricato di fare gli stress test alle 53 principali banche d’Europa, non chiederà ricapitalizzazioni a quelle che saranno
eventualmente bocciate, ma concederà ancora qualche mese per fronteggiare gli squilibri prima di imporre il ricorso al mercato.
Certo, la baldanza della scorsa settimana sembra ormai un pallido ricordo e l’inerzia rialzista dei mercati azionari si sta affievolendo. Ma fino a domani le spinte verso la stabilità dovrebbero riuscire a contenere le prese di beneficio. Poi è chiaro che domani dipende tutto da Draghi, che non può deludere le esigenti aspettative di misure accomodanti, specie ora che anche il FMI ha rivisto al ribasso le stime di crescita mondiale per questo ed il prossimo anno, motivandole con l’effetto negativo della Brexit. Draghi ha un’arma in più, fresca fresca, per convincere i colleghi del Direttorio ad essere di manica larga e vincere le resitenze tedesche. Se ci riuscirà i mercati potrebbero esprimere ancora un impulso rialzista, fino a colmare il divario tra le quotazioni attuali e quelle pre-Brexit. Se invece Draghi non aiuterà i listini almeno con una concretizzazione delle promesse vaghe fatte un mese fa, potremmo assistere ad un passo indietro significativo dei listini europei verso i minimi di giugno.
Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it