giovedì, Novembre 21

In arrivo i salvataggi bancari: grazie Brexit

Sui mercati ci sono momenti precisi in cui avvengono le svolte e spesso capitano proprio quando tutto sembra perduto o quasi, quando i listini si affacciano sull’orlo del baratro.

In quei momenti, quando basterebbe poco per assestare un colpo decisivo alla traballante fiducia degli investitori, ecco che la situazione, senza particolari motivi, si ribalta, un rimbalzo improvviso e potente allontana la bufera e cambia radicalmente l’umore degli investitori.

E’ quel che è successo in Europa venerdì scorso. L’ultimo giorno di una settimana borsistica che, nei 4 precedenti sembrava in procinto di annullare del tutto il rimbalzo post-brexit e rigettare gli investitori nello sconforto già sperimentato il 27 giugno, nella seconda seduta successiva al drammatico referendum britannico, e l’11 febbraio, al termine del terribile crollo di 50 giorni di inizio anno.

Ma venerdì la debolezza iniziale è stata subito digerita ed una strana euforia è tornata a pervadere gli investitori, che si sono catapultati sui titoli bancari, acquistando a piene mani quel che fino al giorno precedente non hanno fatto altro che gettare via a qualsiasi prezzo.

Eppure l’accordo tra la Commissione UE e il governo italiano per trovare un modo di salvare la capra del sistema bancario ed i cavoli dei risparmiatori, e non è arrivato nemmeno nel week-end. Forse arriverà domani, al termine della due giorni dei ministri finanziari a Bruxelles, chiamati a discutere ufficialmente di brexit e di unione bancaria, ma che probabilmente fisseranno i paletti negoziali attorno ai quali Commissione Ue e governo italiano stenderanno la recinzione per proteggere le banche italiane. Ci sono ancora molte questioni da definire.

Il problema è come giustificare l’intervento con denaro pubblico nell’ambito delle attuali regole.

In termini molto semplici, le regole attuali consentono agli stati di intervenire a tre condizioni:

1) che si tratti di un intervento precauzionale per prevenire una situazione di pericolo sistemico;

2) che le necessità di ricapitalizzazione siano certificate da stress test;

3) che lo stato non sia il solo né il primo a pagare, ma che vengano prima coinvolti i privati che hanno avuto fiducia nella banca.

La prima condizione è ormai acquisita dando la colpa alla Brexit, che non c’è ancora, non sappiamo se e quando ci sarà e nemmeno quali conseguenze avrà, ma casca a fagiolo per attribuire ad essa la colpa del rischio di volatilità che crea una situazione di potenziale pericolo sistemico.

La seconda lo sarà il 29 luglio, quando la Bce pubblicherà gli studi che attesteranno quali banche italiane saranno tenute a ricapitalizzarsi e quanti soldi ci vorranno.

La terza condizione è la più problematica. Le regole sui bail-in non lasciano scampo: un intervento con soli fondi pubblici non è previsto. Qualcun altro deve pagare. Il bail-in prevede che paghino azionisti, obbligazionisti subordinati, obbligazionisti senior non garantiti e correntisti oltre i 100.000 euro, prima che intervenga lo stato.

Ovviamente Renzi non ha affatto intenzione, con tutti i problemi di consenso che ha già, di ripetere un’esperienza peggiore di quella che alla fine dello scorso anno è considerata da molti osservatori politici il punto iniziale della parabola discendente del consenso popolare, quando le “Banche Boschi“ vennero salvate facendo pagare il conto ad azionisti ed obbligazionisti subordinati (non gli obbligazionisti senior ed i correntisti, che vennero risparmiati, anche perché il bail-in non era ancora in vigore). Il governo vorrebbe una eccezione al principio generale. L’ideale sarebbe la sospensione del bail-in. La riunione dell’Eurogruppo, oggi e domani, servirà a contare quanti ministri sbatteranno la porta in faccia a Renzi. Probabilmente si troverà una mediazione meno favorevole. Si va da ipotesi di preservare dal bail-in gli obbligazionisti subordinati e senior oltre ai correntisti, purché che non siano istituzionali, fino a quella più generosa di preservare anche gli istituzionali.

Personalmente credo che questa partita costerà a Renzi un altro po’ di consenso, dato che, qualunque soluzione venga presa, le opposizioni avranno vita facile a contestarlo. Se verranno toccati i risparmiatori quello sarà il motivo per scatenare le proteste, ma anche se, nel migliore dei casi, si ottenesse la sospensione del bail-in, la piazza contesterà a Renzi di aver salvato le banche con i soldi di tutti i contribuenti.

Per i mercati invece è cosa ben diversa. Preferirebbero di gran lunga che a pagare fosse ancora una volta solo il Pantalone pubblico, ma anche una soluzione mista non troppo penalizzante verrebbe gradita, proprio perché toglierebbe dalla scena il macigno delle sofferenze che da molti mesi sta corrodendo la quotazione delle banche italiane. Ecco perché venerdì, all’assemblea dell’ABI, mentre il presidente dell’associazione delle banche italiane Patuelli, penosamente, con tre anni di ritardo si è

accorto che le norme sul Bail-in sono anti-costituzionali, i mercati hanno scrutato Visco e Padoan e, appena costoro hanno lasciato intendere che l’accordo con la Commissione Ue è in dirittura d’arrivo, gli acquisti si sono scatenati, a prescindere dal contenuto, che sarà caso mai valutato a posteriori.

E’ ovviamente presto per capire se la soluzione che verrà trovata riuscirà ad essere risolutiva oppure sarà l’ennesimo calcio al barattolo delle sofferenze bancarie, destinate a riemergere tra qualche tempo nella lista delle priorità ed a trascinare le banche italiane nuovamente in cima alla lista dei problemi da risolvere.

Credo però che un po’ di sollievo alla quotazione del settore dovrebbe portarlo e magari favorire una continuazione del rimbalzo, che, anche se tale rimanesse, di strada da fare ne avrebbe molta, così come parecchia potrebbe consentire di farne al listino italiano ed a quelli europei.

Ieri peraltro è apparsa la notizia che anche i tedeschi cominciano ad essere preoccupati delle banche. Il capo economista di Deutsche Bank, in un intervista ad un giornale tedesco, invoca un fondo europeo da 150 miliardi per salvare le banche europee. Il mal comune si sta rapidamente trasformando in mezzo gaudio.

La settimana entrante pertanto si preannuncia orientata al rialzo.

Wall Street è ormai ad un passettino dai massimi assoluti, che mi stupirei se non venissero ritoccati. L’indice giapponese Nikkei inizia in forte rialzo per la vittoria elettorale del premier Abe, che ha raggiunto in Parlamento una maggioranza che gli consente addirittura di cambiare la Costituzione, trasformando il Giappone da stato pacifista a guerrafondaio (si sa che alle borse le spese militari piacciono un sacco).

Le borse europee dovrebbero proseguire sullo slancio, trainate delle buone notizie, o almeno dalle buone aspettative sulle banche italiane, ed anche il nostro Ftse-Mib dovrebbe per qualche giorno ridurre il distacco di performance che lo separa dalle altre borse europee.

Tutto bene allora? Sì, almeno in ottica di breve. Si dovrebbe volgere lo sguardo per qualche giorno alle resistenze, lasciando finalmente nell’oblio i supporti da ultima spiaggia che ci hanno accompagnato nelle ultime settimane.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it