venerdì, Settembre 20

Banche italiane: la soluzione che non avremo

La situazione sui mercati si sta facendo sempre più caotica dal momento che la Brexit, che di per sé è un “non evento”, dato che il tutto è stato congelato per mesi, sta fornendo il pretesto per la resa dei conti su altre questioni.

Quella più grave e pericolosa è l’avvitamento del sistema bancario italiano, che è ormai riconosciuto da tutti in modo esplicito come “la patata bollente dell’estate” per i burocrati europei ed il governo italiano. Sembra del tutto finito il periodo della negazione della realtà da parte governativa (“le nostre banche sono più solide di altre”) e la vigilanza BCE comincia a fischiare ripetutamente calci di rigore su quelle più in difficoltà, in previsione degli stress test del 29 luglio.

I mercati sentono da tempo l’odore del sangue ed i fondi hedge avvoltoio si accaniscono con vendite allo scoperto per portare al pettine più in fretta possibile il nodo delle sofferenze e lucrare sulle difficoltà altrui.

Il problema, nella sua drammaticità, non è difficile da comprendere. Banche come MPS e Carige, che hanno sofferenze in carico per ammontare doppio rispetto alle altre, sono ormai individuate come prede facili dalle iene dei mercati. Vendere allo scoperto quelle azioni riduce la capitalizzazione di mercato e rende il peso delle sofferenze sempre più insopportabile. La Vigilanza BCE insiste perché vengano ridotte, ma ridurle significa svenderle ai fondi avvoltoio ed imputare in bilancio perdite che possono azzerare il patrimonio e causare il fallimento della banca. Si noti che di fatto (non dico che la cosa sia concordata, ma che di fatto avviene come se lo fosse) la Vigilanza BCE, che mette alle banche la fretta di svendere, fa il gioco dei fondi avvoltoio, che vogliono comprare le sofferenze a prezzi stracciati per lucrare guadagni a doppia o magari tripla cifra dal recupero parziale delle somme che riusciranno a realizzare. Torniamo alle banche in difficoltà. Per impedire il fallimento bisognerebbe fare aumenti di capitale per un ammontare almeno pari alle svalutazioni necessarie ad assorbire le perdite implicite nelle sofferenze che si vanno a svendere. Ma la cifra da raccogliere sarebbe enorme rispetto all’attuale capitalizzazione e costringerebbe a emettere un’enormità di azioni a prezzi irrisori, causando un’ulteriore caduta del titolo e perdite colossali per gli azionisti, come abbiamo visto negli ultimi mesi in tutti i casi di ricapitalizzazione molto sostenuta. Nessun privato accetterebbe di farsi carico di una causa persa.

Se non si fa nulla rapidamente si viaggia verso il fallimento di MPS. Ma non si può permettere il fallimento di una banca grande come MPS, per i tragici effetti di panico sui risparmiatori che questo comporterebbe. Anche perché la normale procedura di bail-in vedrebbe azzerare gli investimenti di centinaia di migliaia di italiani e politicamente Renzi non potrebbe reggere.

La via perseguita finora con Atlante, cioè coinvolgere le banche più solide e la Cassa Depositi e Prestiti, è scarsamente efficiente perché nessuno ha soldi da buttare e crea l’effetto perverso di penalizzare in borsa anche le banche più solide perché vengono viste dal mercato come quelle che si piglieranno le perdite altrui.

Occorre a tutti i costi agire con fondi pubblici ed in modo drastico. O Bruxelles ci concede la patente per interventi di stato riconoscendo l’eccezionalità della situazione, oppure il rischio cresce ogni giorno che passa.

Ad aggravare la situazione c’è pure il fatto che a mio parere la scelta di salvare una banca per volta rischia di essere una toppa peggiore del buco, perché sposterebbe solamente l’attenzione delle iene su un’altra preda, che in pochi giorni verrebbe conciata come MPS ed obbligherebbe ad un altro intervento, e così via.

Personalmente credo che non si debba trattare per avere l’autorizzazione ad interventi singoli e rincorrere le crisi ad una ad una. Rischieremmo di pagare un conto troppo salato e prolungare solo l’agonia.

Occorrerebbe un intervento drastico in grado di spazzare via il problema dell’eccesso di sofferenze per tutto il sistema bancario italiano.

Difficilmente la commissione Ue ce lo permetterebbe, perché andremmo a violare il santuario del rigore sfondando la porta del Bail-in.

Ma c’è un’altra via, di cui non parla quasi nessuno, che sarebbe quella più lineare e a mio parere meno costosa.

Si chiama Fondo ESM. E’ una via già percorsa dalla Spagna nel 2012 con successo. Allora la Spagna chiese aiuto al fondo salva stati ESM, che nell’occasione mutò il suo oggetto sociale estendendo le

possibilità di intervento anche ai sistemi bancari oltre che agli stati dell’Eurozona. Ottenne 41 miliardi di aiuti che le consentirono di ripulire le sue malandate banche.

Per avere i soldi occorre però concordare un piano di utilizzo e di rientro con la Commissione, che in genere (anche se allora non avvenne!!) manda la Troika a trattare.

Sarebbe sicuramente la soluzione meno dolorosa. Ma è quella politicamente più invisa al governo, poiché richiederebbe l’umiltà di ammettere le difficoltà e di chiedere aiuto. Non piace neanche ai banchieri, che la Troika manderebbe, ovviamente, tutti a casa. Dopo una serie di governanti che si sono sempre fatti belli del fatto che l’Italia non ha mai chiesto nulla all’Europa, il più presuntuoso di tutti dovrebbe andare a Bruxelles con il cappello in mano e gli occhi bassi.

Se lo facesse ne sarei sorpreso. Ma sarebbe una piacevole sorpresa.

Se quello che ci ha fatto vedere molti scatti d’orgoglio nei confronti di Bruxelles ci facesse vedere una volta uno scatto d’umiltà, forse riusciremmo a venir fuori dal terribile imbuto in cui sono intrappolate le banche italiane. Ogni altra soluzione parziale temo che lascerebbe incancrenire la situazione e inciterebbe le iene nelle loro scorribande.

Ricordo inoltre che in giro per il mondo cominciano ad addensarsi anche altre nubi. Con la scusa della Brexit si stanno intensificando le vendite sugli immobili inglesi, che hanno beneficiato di una bolla speculativa durata anni, quando si scappava dall’Europa in crisi per comprare casa a Londra.

Ora la vittoria del Brexit ha invertito la direzione dei flussi ed è scattata la corsa a vendere le case londinesi prima che il prezzo scenda troppo. La bolla sta scoppiando e, se la Brexit venisse confermata, vedremmo una fuga dall’immobiliare britannico. Ieri tre grossi fondi immobiliari inglesi hanno già congelato i rimborsi. E’ il primo passo verso il fallimento, che innescherebbe effetti domino sull’intera economia del Regno Unito.

Intanto la sterlina continua a precipitare dopo l’annuncio di allargamento delle maglie monetarie da parte della BOE. Zitti zitti anche i cinesi stanno progressivamente svalutando il Yuan, che è tornato sui valori del 2010 col dollaro. Ripende la guerra valutaria che rischia di provocare mosse analoghe da parte della BCE di Draghi e magari anche della FED.

Tutte le borse occidentali ieri hanno perso terreno, ed oggi sta scendendo il Nikkei giapponese, preannunciando un’apertura in calo in occidente, mentre anche il petrolio WTI ha subito una scoppola che lo ha riportato nei pressi del supporto di area 45,80 dollari, che oggi potrebbe testare.

Brexit ha scoperchiato la pentola, ma evidentemente li dentro c’è anche ben altro in ebollizione.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it