Il primo luglio scorso, venerdì, a Dacca in Bangladesh, sono stati uccisi 20 ostaggi di cui 9 italiani, in un attentato terroristico rivendicato da Ansar al Sharia. Il fatto è avvenuto in un ristorante frequentato da occidentali
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Secondo gli organi d’informazione, fino ad oggi, in Bangladesh, il terrorismo di matrice islamica aveva colpito in modo preciso singoli individui: il volontario cooperante, l’avvocato difensore dei diritti umani, persone in qualche modo rappresentative di realtà contrarie alla cultura dell’islam terrorista.
Con questo attentato invece, la galassia terrorista, va ad attaccare in modo più generale e diverso lo straniero in quanto non islamico, o l’islamico connivente con i costumi occidentali.
Dei morti oltre i nomi italiani, vengono citati solo i nominativi di uno studente bengalese e islamico e di due sue amiche. Ma per i tre c’è di mezzo un fatto eccezionale di eroismo. Lo studente ha rinunciato a salvarsi per non abbandonare le sue due amiche vestite con abiti occidentali e non coperte dal velo.
Delle vittime giapponesi i media italiani non riportano null’altro che il numero: 7. Quasi che le vittime non fossero importanti per se stesse e soprattutto per arrivare alla verita sulle motivazioni del fatto di sangue.
Gli italiani uccisi, non erano turisti, ma lavoravano nell’industria tessile, come responsabili a vari livelli di aziende italiane o comunque occidentali; in Bangladesh i due terzi delle esportazioni derivano dal tessile.
Se anche le vittime giapponesi o di altra nazionalità fossero stati lavoratori impegnati nel tessile ,la vicenda potrebbe svelare contorni inediti; sembrerebbe di più un attacco all’economia del Bangladesh, allo stesso modo degli atti terroristici che in egitto hanno colpito tempo fa l’industria turistica,pilastro economico di quel Paese.
Pare assai strano che un terrorismo che fino a questo momento nelle sue azioni ha agito con precisione chirurgica, vada ora semplicemente a sparare nel mucchio.
Ma per cominciare a capire, non dobbiamo dimenticare il ricordo di questi nostri fratelli giapponesi, vittime con noi italiani della stessa orribile brutalità. Le esequie in Bangladesh, sono state le stesse per tutte le vittime.In Italia invece, per la nostra stampa, solo gli italiani o gli eroi avevano un nome.
E gli altri? Chi erano? Come si chiamavano? Cosa facevano in Bangladesh? Di fronte all’orrore i popoli o hanno reale attenzione reciproca e si salvano insieme, o periscono.