giovedì, Novembre 21

L’Europa tenta di rialzare la testa

Dopo le due terrificanti giornate che hanno seguito il risultato Brexit, i mercati azionari mondiali e soprattutto quelli europei hanno finalmente tentato ieri di imbastire una prima reazione.

La strada da recuperare è tanta. Tantissima per gli indici che più hanno sofferto la batosta del Brexit, come il nostro Ftse-Mib e l’Ibex spagnolo. Quasi infinita per il settore bancario europeo, su cui si è scaricato l’epicentro del terremoto ribassista degli ultimi giorni e, a dire il vero, anche dei precedenti 3 eventi sismici che in questo 2016 hanno già colpito.

Ma non possiamo ignorare che il rubinetto delle vendite si è momentaneamente chiuso ed i “cercatori di monnezza”, come chiamo quelli che si buttano sempre alla ricerca di investimenti a prezzi di saldo, hanno cominciato ieri ad operare.

Qualche motivo di maggior serenità comincia a far capolino, anche se fatti concreti per definire il nuovo scenario europeo senza la Gran Bretagna non ne sono stati fatti. Anzi, abbiamo avuto la conferma che Cameron, il più grande sconfitto dal Brexit, non ha fatto la comunicazione ufficiale alla UE per attivare la procedura di separazione prevista dall’art. 50 del trattato di Lisbona, né ha intenzione di farlo, preferendo che sia il suo successore a prendersi questa responsabilità a settembre, quando verrà varato il nuovo governo senza di lui.

Pertanto per 3 mesi tutto resta nel limbo e le forze politiche scontente del risultato elettorale hanno tempo per depotenziarlo. Del resto pare essere questa la volontà persino di buona parte dei fautori del Leave, che evidentemente si stanno rendendo conto della frittata fatta e cercano di negoziare sotto banco con la UE una “via d’uscita dall’uscita”, per vanificare la volontà popolare.

Già si studiano gli strumenti tecnici per neutralizzare il referendum. Uno potrebbe essere la presa d’atto da parte di Boris Johnson, se sarà lui a prendere il posto di Cameron dopo la faida interna tra le due anime (quella pro-UE e quella pro-Brexit) del partito Conservatore, che la separazione dalla UE è tecnicamente troppo complessa, che i rischi economici sono troppo elevati e che quindi è meglio ripetere il referendum, magari dopo aver negoziato qualche altro piccolo sconto sulla quota sociale che la Gran Bretagna finora paga per partecipare all’Unione.

Mi rendo conto che questa ipotesi è ridicola. Ma da politici che per mesi hanno cavalcato il populismo più becero ed egoista e mentito al popolo in campagna elettorale promettendo che il Brexit avrebbe portato solo vantaggi e nessuna conseguenza spiacevole , c’è da aspettarsi di tutto tranne che la coerenza e la dignità.

Un’altra via, che sarebbe sicuramente più seria, sarebbe quella di indire nuove elezioni, permettendo al popolo di prendersi una rivincita e spazzare via le centinaia di politici inetti che abbondano nei due schieramenti. I due partiti principali potrebbero mettere chiaramente nel programma di governo la permanenza oppure l’abbandono dell’Unione e chi vincerà le elezioni sarà legittimato a ufficializzare il Brexit (se vincerà il partito ostile alla UE) oppure a non dar corso all’esito del referendum (se vincerà la coalizione propensa a restare in UE), perché superato dall’esito elettorale.

Sarà il tempo a chiarirci la situazione, dopo che l’avrà chiarita ai due principali partiti britannici, i cui leader sono sfiduciati dalla base e in pieno caos.

Un altro possibile elemento in grado di rianimare i mercati potrebbe (qui il condizionale dubitativo è assolutamente d’obbligo) essere nei rumor che si stanno diffondendo circa un possibile piano per risolvere il problema delle banche aggirando la normativa sul Bail-in.

L’avvitamento delle banche, che in Italia è costato mediamente la perdita di quasi un terzo del valore già estremamente sacrificato dei nostri istituti di credito, ha di fatto bloccato ogni possibilità di soluzione del problema sofferenze ed ogni futuro aumento di capitale. Il circolo vizioso rischia veramente di far esplodere un rischio sistemico a livello europeo. Per fronteggiarlo è necessario che lo Stato possa intervenire con soldi pubblici e senza attivare la procedura di Bail-in, che comporterebbe l’insurrezione dei risparmiatori. Ma questo è possibile solo in caso di situazione eccezionale di rischio sistemico grave. Sembrerebbe proprio di essere a quel punto. Pertanto sembra che si stia valutando di dichiarare la presenza di situazioni eccezionali per 6 mesi, per dare la possibilità agli stati di intervenire nazionalizzando qualche banca o istituendo una sorta di Atlante 2, abbondantemente capitalizzato con soldi pubblici, che si faccia carico di togliere di mezzo il problema delle sofferenze.

Questa soluzione richiede che la Germania accetti di transigere al suo proverbiale rigore e che il governo Renzi trovi i soldi necessari. Non so se sia praticabile l’eccezione alla regola del Bail-in fatta completamente in deficit e ben oltre i limiti di flessibilità concessi. Non sarà una passeggiata. Ma il

solo fatto che se ne parli da due giorni senza che sia ancora arrivato il Nein del terribile ministro Schaeuble, lascia qualche speranza.

Per questo il rimbalzo potrebbe avere ancora gambe per camminare.

C’è un grande gap ribassista apertosi venerdì su tutti gli indici azionari. Non dico che si debba chiudere subito, ma almeno un avvicinamento è nell’ordine delle possibilità. Accontentiamoci.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it