sabato, Novembre 23

Se l’America smette di creare lavoro…

Si erano create parecchie aspettative sui due eventi (soprattutto sul secondo) che ieri hanno impegnato la giornata dei mercati: la riunione mensile BCE con annesso show mediatico di SuperMario Draghi e il solenne meeting dell’acciaccato OPEC, alle prese con il rebus di rianimare i prezzi del petrolio senza rianimare le tramortite imprese estrattive di shale oil americane. Le folate di acquisti sul greggio che si sono viste nei due giorni precedenti avevano instillato il dubbio che qualcuno subodorasse accordi sui limiti produttivi.

I fatti hanno invece prodotto un sostanziale nulla di nuovo su entrambi i fronti.

Draghi ha detto che prima di pensare a ulteriori novità di politica monetaria bisogna aspettare gli effetti di quelle decise a marzo (QE allargato ai bond corporate e nuova botta di TLTRO per le banche) che, all’insegna della velocità tipica delle istituzioni europee, vengono attuate solo a partire da questo mese.

Ha annunciato che l’ufficio studi BCE, dopo aver ridotto le attese di inflazione per il 2016 dal +1%, stimato a dicembre, al +0,1% rettificato a marzo, ora ha alzato la stima a +0,2%. Anche il PIL 2016 è stato ritoccato al rialzo, da +1,4% stimato a marzo, a +1,6%, che è comunque sempre meno del +1,7% che la BCE si aspettava ad inizio anno.

Con l’occasione non ha rinunciato al consueto auto-incensamento, con grande sprezzo del ridicolo, motivando la modesta revisione al fatto che le misure prese dalla BCE “sono efficaci”.

Il mercato non poteva che ignorare l’imbarazzante show, dato che la sostanza (nessuna novità) era ampiamente prevista.

La riunione OPEC, sebbene caratterizzata da minor litigiosità rispetto al consueto, ha prodotto soltanto l’elezione del nuovo Segretario Generale, il nigeriano Barkindo, ma nessuna novità di accordi che limitino la produzione.

Il petrolio è allora scivolato nuovamente ben sotto i 50 dollari al barile ed ha ammosciato il finale di seduta europeo, dove ha spiccato ancora un segno meno (anche se più modesto dei due precedenti) per il nostro Ftse-Mib, che continua a subire l’erosione dei prezzi delle banche italiane, ora alle prese con la partenza ufficiale lunedì prossimo dell’aumento di capitale da un miliardo di B. Popolare.

Siccome il prezzo fissato dal CDA è di 2,14, per ogni nuova azione e incorpora uno sconto del 29% sul valore teorico ai prezzi del 1° giugno, anche questo aumento si presenta piuttosto diluitivo e, come succede di solito, stimola i possessori del titolo a vendere le vecchie azioni per eventualmente sottoscrivere le nuove con i diritti di opzione che verranno attribuiti lunedì. Il titolo ha così già perso il 20% dai valori del 30 maggio, bruciando buona parte della differenza di valore tra le vecchie e le nuove azioni e, di conseguenza, falcidiando il valore teorico del diritto d’opzione.

Superfluo sottolineare che i vasi comunicanti sotterranei al settore bancario hanno provveduto ad estendere la negatività anche sulla maggior parte delle altre banche, che anche oggi perdono terreno.

Mentre gli indici europei si avviano a chiudere la settimana in calo, e il massimo che sembrano in grado di fare pare essere la riduzione del corpo scuro della candela settimanale, Wall Street anche ieri ha insistito con l’indice SP500 nella sua lotta contro l’area di resistenza 2.105-2.115.

Ma poco fa è uscito il dato sui posti di lavoro non agricoli creati in maggio: solo 38.000 nuovi occupati contro un’attesa di 160.000. Troppo poco per mantenere il buonumore.

E’ subito partita una secca correzione su azionario europeo, dollaro e rendimenti di bund e treasury, in attesa che parta Wall Street, probabilmente col piede sbagliato. La settimana potrebbe chiudersi sui minimi in Europa e lontano dai messimi negli USA. Non sarebbe un inizio incoraggiante per il mese di giugno. Lo scenario macro più probabile ridiventa quello che a giugno la FED non avrà il coraggio di alzare i tassi. Resta l’obiettivo di luglio, ma fino ad allora tanta acqua deve passare sotto i ponti. La lateralità dovrebbe confermarsi.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it