giovedì, Settembre 19

La politica non aiuta i mercati a decidere

Ad aggiungere altra incertezza alla molta che impedisce ai mercati di intraprendere una direzionalità definita, ieri è tornata prepotentemente la politica, che ha scaraventato tre notizie in pasto ai mercati. Due sono piuttosto negative, mentre una potrebbe invece essere interpretata in modo favorevole.

La notizia principale, maturata dopo settimane di dispetti, è la rottura del dialogo tra USA e Russia sulla Siria, decisa dagli americani come ritorsione contro i bombardamenti ordinati da Assad con l’appoggio russo contro i civili di Aleppo, che hanno distrutto nei giorni scorsi parecchi ospedali ed il convoglio umanitario dell’ONU. Per tutta risposta Putin ha annullato il trattato del 2000 sulla riduzione reciproca del plutonio usato per le armi nucleari, l’ultimo accordo fatto da russi e americani per ridurre gli armamenti nucleari. Sono chiare mosse che alzano il livello di incomunicabilità ed intensificano la guerra fredda tra occidentali ed americani, allontanando anche la fine delle sanzioni contro la Russia, che penalizza parecchi stati europei. Ma soprattutto allontana un esito di pace in Siria, condannando la popolazione civile, che ancora non è riuscita a fuggire dalla condizione di ostaggio dell’ISIS, a subire altri bombardamenti e crimini.

La seconda notizia, che è maturata domenica scorsa, è la decisione ufficiale da parte del governo inglese di sgombrare finalmente il campo dalle ambiguità sulla Brexit. Il premier britannico Teresa May, ha finalmente ufficializzato, al Congresso del suo Partito Conservatore, che il referendum verrà rispettato, che si tratterà di una uscita vera e che la presentazione della richiesta formale avverrà entro marzo 2017, prima delle elezioni tedesche. L’importante decisione elimina ogni voce di su possibili ripensamenti e tentennamenti, e riaprirà probabilmente un fronte di conflitto interno con la Scozia, che invece non è affatto disposta ad uscire dall’Unione. Fornisce anche una base certa alle decisioni di tutte le multinazionali, che in questi mesi estivi avevano annunciato possibili disimpegni dalla Gran Bretagna. Diciamo che la vera Brexit comincia ora, dopo che per tutta l’estate l’ambiguità dei governanti ed il ripensamento di parte dell’opinione pubblica, avevano alimentato speranze che si volessero studiare pasticci per tenere il Regno Unito in qualche modo legato alla UE.

Le prime conseguenze del discorso di May sono state pesanti sul cambio della sterlina, che ieri ha accelerato al ribasso sia contro il dollaro che contro l’euro, tornando ai minimi raggiunti nell’immediato dopo-referendum.

La terza notizia riguarda il candidato alle presidenziali Donald Trump, su cui si sta abbattendo la macchina del fango, ad opera della stampa americana. Il New York Times ha rivelato la sua dichiarazione dei redditi del 1995, dove appare una colossale perdita da 916 milioni di dollari, scaricata nei 18 anni successivi, in cui non ha pagato nemmeno un dollaro di tasse. Tutto legale, anche se qualche dubbio affiora sulla legittimità della detrazione. Ma certamente un grande flop per la sua immagine di grande uomo d’affari, ed una prova di spregiudicato opportunismo. A cui si aggiungono notizie di violazioni illecite all’embargo contro Cuba contro l’Iran, attuate da sue società, e la sospensione delle attività della sua fondazione nello Stato di New York, dopo che si è scoperto che questa fondazione caritativa faceva la carità pagando le spese al suo fondatore.

Hillary gongola e si avvia a trarre frutto nei prossimi sondaggi dalle tegole che piovono sul magnate clown. Anche i mercati dovrebbero sentire meno la paura per l’esito elettorale.

L’insieme di queste notizie non contribuisce certo a chiarire le idee dei mercati. Ieri sia i listini europei (salvo qualche eccezione) che quelli americani hanno restituito parte dei ricuperi avvenuti nel pomeriggio di venerdì. Non dimentichiamo che ieri è mancata all’appello la borsa tedesca, chiusa per la festa della riunificazione. L’affare Deutsche Bank appare per ora ancora lontano dalla soluzione, dopo che alle voci di patteggiamento per uno sconto considerevole sulla multa (da 14 miliardi di dollari a 5,4), che avevano fatto rimbalzare violentemente il titolo in Borsa e girare in positivo tutti gli indici venerdì scorso, non sono seguiti fatti, ma solo smentite, sebbene si siano confermate le trattative in corso, con le parti non ancora vicine.

L’incertezza non dovrebbe durare molto, dato che l’indice USA SP500 sta disegnando una figura triangolare compresa tra i massimi ed i minimi di settembre. Questo modello ha una proiezione direzionale di circa 70 punti, al rialzo se venisse violato il lato superiore, o al ribasso, se venisse infranto quello inferiore. Vedremo.

Pierluigi Gerbino www.borsaprof.it